Centenario della nascita di Giovanni Testori


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Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Giovanni Testori, uno degli intellettuali più importanti e complessi della seconda metà del Novecento italiano: fu scrittore, poeta, drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale, giornalista, critico d’arte. Per testimoniare la sua levatura in campo letterario ad esempio si può menzionare come a Il ponte della Ghisolfa, una sua raccolta di racconti ambientati nel mondo della periferia milanese, abbia suggerito a Luchino Visconti gran parte della sceneggiatura del film Rocco e i suoi Fratelli.

Il suo nome è legato alla Olivetti di Adriano in ragione della sua attività svolta nell’ambito del Centro Culturale Olivetti. Un’attività che ha dato luogo all’allestimento ad Ivrea di un paio di importanti mostre (una sul pittore Pier Francesco Guala e l’altra sul Manierismo piemontese e lombardo del Seicento), e soprattutto per la monografia G. Martino Spanzotti: gli affreschi di Ivrea (Quaderni d’arte del Centro Culturale Olivetti, Ivrea,1958) che ha segnato un decisivo punto di svolta nella fortuna critica del pittore casalese e nella reputazione del magnifico tramezzo da lui affrescato nella chiesa di San Bernardino, chiesa che si trova al centro del complesso industriale della Olivetti.

È un testo nel quale le approfondite competenze dell’autore in materia di storia dell’arte si fondono efficacemete con le sue doti di scrittore; un testo in cui egli cerca di cogliere i tratti peculiari di quella spiritualità dei Frati Minori Osservanti, committenti dello Spanzotti, tesa a restituire al racconto evangelico la verità e la nobiltà dell’esperienza umana che è propria della gente più umile che dura fatica ad affrontare la propria vita.

Sulla qualità letteraria del testo così si espresse uno dei massimi conoscitori dell’arte piemontese, Giovanni Romano: «Su quelle pagine dolcissime credo si siano commossi tutti i più giovani adepti alla storia dell’arte… Molti della mia generazione hanno imparato a memoria le parole di Testori, scoprendo in esse cosa significa l’aderenza critica alla poesia di un grande maestro». Giudica allora  come  «il saggio di Testori rappresenti il punto più alto della fortuna critica del pittore piemontese».

L’aderenza critica con la poetica delle Storie della Vita di Cristo raffigurate sul tramezzo della chiesa diventa per Testori occasione per ribadire che lo Spanzotti non può essere visto come un tardo e affannato inseguitore di un Rinascimento aulico, fiorentino, romano e veneto, ma come esponente di un diverso Rinascimento, quello lombardo (nel senso lato del termine).

«È una nobiltà nuova– scrive a questo riguardo – quella che si fonda in questi anni nel Nord dell’Italia e alla quale lo Spanzotti offre questo suo inconfondibile tono: una nobiltà umana, anziché umanistica; il fatto riportato alle sue proporzioni reali e quotidiane, contro il fatto dilatato dall’iperbole dell’ideologia… »

In coerenza con tale intenzione di riportare il racconto evangelico alle sue proporzioni reali e quotidiane, già la prima scena realizzata dallo Spanzotti, quella dell’Annunciazione, viene, spogliata dalle eleganze architettoniche e dalla suntuosità degli arredi proposte da tanti pittori rinascimentali (si pensi ad esempio all’Annunciazione di Leonardo agli Uffizi), per trovar posto in una dimora ordinaria ed alquanto spoglia. Mel suo saggio Testori, inventandosi una visita ad Ivrea del padre del pittore, il vecchio Pietro, sottolinea in questi termini lo stupore che egli prova nel guardare la scena dipinta:

« Di’, Martino, ma quella lì è la nostra cucina… » – la stessa finestra, le stesse ante, le stesse ombre fra l’una e l’altra e fra tutte e quattro e il muro – « e quello che spunta fuori è il tiglio del nostro orto… a sinistra c’è il caminetto, e a destra, ecco, a destra si va nella mia stanza… » e per poco che si fermasse a guardare al padre sarà parso di sentir di là dalla porta la moglie che metteva ordine: rumor di panche, armadi che s’aprivan e si chiudevano, fruscii d’abiti, mezze parole; e fuori, fuori i nipotini che giocavano, tanto che la colomba, a furia di schiamazzi, aveva preferito rifugiarsi in casa…  »

G. Martino Spanzotti, Annunciazione (1485 ca.), Ivrea, Chiesa di San Bernardino
G. Martino Spanzotti, Annunciazione (1485 ca.), Ivrea, Chiesa di San Bernardino

Basta questo passo del saggio per farci intuire quanto efficace possa essere la sua traduzione in termini teatrali: è quanto ha fatto nel 2002 Valter Malosti proponendo, proprio dentro la chiesa di San Bernardino, una pièce memorabile intitolata Vado a veder come diventa notte nei boschi.

In occasione del centenario della nascita di Giovanni Testori è stato istituito dal Ministero della Cultura un apposito Comitato Nazionale per le celebrazioni. Molte sono state le iniziative proposte: il centenario è stato celebrato a Novate Milanese, sua città natale, a Varallo Sesia, dove Testori ha magistralmente raccontato il Sacro Monte; tre convegni e uno spettacolo si sono tenuti al Meeting di Rimini, e molto altro ancora. Ad Ivrea, almeno sinora manifestazione ufficiale. Ci ha pensato ASAC a sottolineare la ricorrenza, organizzando per il 1o luglio una visita guidata agli affreschi dello Spanzotti durante la quale saranno letti alcuni passi della monografia scritta da Testori.


di Lauri Mattalucci
del 16 /06/ 2023
lauro.mattalucci@gmail.com